sabato 25 giugno 2011

Sense #2

Penzolo dal pendolo che oscilla sulla ruota dell mulino tirata da aquiloni sospinti da un leggero vento
soffiato da  avidi polmoni che più vogliono e più regalano.

Sense #1

Attualmente la vita mi riempe il ventre, mentre la cassa da morto
mi conduce a casa.

giovedì 23 giugno 2011

"Il Baretti" di Piero Gobetti, rivista di letteratura "militante"



Uno stralcio della mia tesina...





Annunciata la sua pubblicazione già nel 1922 sulle pagine de “La Rivoluzione Liberale”[i] e presentato come un inserto letterario della rivista con l’obiettivo di “suscitare preoccupazioni di serietà ed esigenze di pensiero, di critica, di stile nelle nuove generazioni”, “Il Baretti” apparve per la prima volta il 23 dicembre del ’24.
Il titolo rende omaggio a Giuseppe Baretti (1719-1789), scrittore e critico letterario del ‘700, fondatore della rivista “La Frusta Letteraria”[ii], il quale criticò aspramente le correnti neoclassiche del tempo attraverso le pagine della sua pubblicazione.

“Il Baretti”, terza ed ultima rivista gobettiana, esce prima come quindicinale e dal secondo numero come mensile fino al 1928. Vi collaborarono numerosi letterati del tempo come Debenedetti, Sapegno, Croce e Montale, che alla morte di Gobetti avvenuta nel ’26 mandarono avanti  la rivista fino alla definitiva chiusura per opera della censura fascista nel dicembre del ’28[iii].

“Il Baretti” si apre con un editoriale dal titolo Illuminismo in cui Gobetti chiarisce l’intento e la linea della rivista in controtendenza con quelli dei letterati del tempo “usi agli estri del futurismo e del medioevalismo dannunziano che trasportarono la letteratura agli uffizi di reggitrice di Stati”.
Nell’editoriale l’autore afferma che la sua non è un’accusa contro persone bensì una critica al diffuso malcostume di subordinare la letteratura alla politica, atteggiamento tipico della generazione precedente alla sua che dopo aver combattuto la guerra, cercò la salvezza in vuoti programmi politici e culturali.
Gobetti sottolinea quindi il totale distacco della rivista da tali programmi salvifici, da “febbri d’attivismo”, impegnandosi a conservare, a ritrovare l’essenza della letteratura e ribadirla in modo da ostacolare i “paladini del calamaio” e arginare il dilagante dilettantismo dei suoi tempi.
“Il Baretti” si impegnò a difendere ed a consolidare una sicurezza di valori decorosi in favore di una dignità letteraria preferendo un’onesta semplicità alla genialità ed all’entusiasmo. A tal proposito Piero Gobetti chiude l’editoriale con quella che sembra essere la descrizione dei letterati della “nuova generazione”, nati sotto il respiro della guerra e del fascismo e perciò impregnati di un “donchisciottismo disperatamente serio e antiromantico”[iv].

“ La nostra vita cominciò qui, con la scontentezza di ciò che sembrava materia di entusiasmo. Perciò invece di levare grida di allarmi o voci di raccolta incominciamo a lavorare con semplicità per trovare anche per noi uno stile europeo”.

La ricerca di questo stile europeo e quindi la sprovincializzazione della letteratura e della cultura italiana fu uno dei temi più importanti de “Il Baretti”5. Il concetto di una cultura totale ed europea non filtrata attraverso quella italiana (quindi non provinciale ma unitaria) fu la vera innovazione della rivista. Fu l’idea che animò tutti quei letterati che contribuirono al progetto morale di Gobetti. In loro vi era la volontà di scongiurare il rischio che la cultura italiana si chiudesse in sé stessa o si limitasse a quei pochi spunti che la “letteratura di regime” offriva.
“Il Baretti”, supportato dalla casa editrice “Piero Gobetti editore6”, contribuì a far conoscere in Italia la letteratura europea di quel periodo attraverso la divulgazione di saggi ed opere di autori europei. Particolarmente sentito fu il contatto con la letteratura francese del novecento a cui la rivista dedicò un numero doppio nel 1925 e del quale ne fanno parte le pagine più riuscite dell’intera esperienza barettiana7).

L’impegno morale di Gobetti non si esauriva nella sprovincializzazione della letteratura e nella difesa della sua dignità ma aveva in sé anche una connotazione politica. Con la definitiva affermazione del fascismo in Italia  era pressoché impossibile portare avanti un progetto politico di opposizione al regime e, data l’impellente necessità che il fondatore della rivista sentiva di resistere ad un tale imbarbarimento, era necessario spostare tale critica su un altro campo8.
Ecco allora che l’intento, ufficialmente esclusivamente letterario, assume un carattere di lotta politica. Questa resistenza al regime si tramuta quindi in un “ritorno all’ordine” letterario in opposizione al dannunzianesimo ed alle avanguardie e nella volontà di “rifar le genti”, educarle cioè ad una letteratura colta e civile senza cime e senza vaste bassure9.
Questo progetto di impegno politico viene espresso chiaramente dalla scelta di temi e autori da trattare ma soprattutto dalla “elezione” di Benedetto Croce, oppositore del regime fascista ed autore del “Manifesto degli intellettuali antifascisti”10, quale maestro e guida spirituale della rivista11.



[i] Piero Gobetti dovette momentaneamente accantonare il progetto della rivista letteraria in quanto sentiva più impellente il bisogno di trattare della materia politica e sociale di cui si occupava nella sua “La Rivoluzione Liberale”. Natalino Sapegno a tal proposito scrive così su “ Il Contemporaneo” nel 1956 in un articolo intitolato Cultura militante:
“L’intenzione fu attuata solo nel dicembre del 1924 allorché l’attività del giornale politico si faceva sempre più difficile e irta di ostacoli e si rendeva evidente la necessità di affiancarla ed eventualmente sostituirla con un organo d’idee e d’informazione operante su un terreno più sgombro” .
[ii] Rivista quindicinale fondata a Venezia nel 1763 da Giuseppe Baretti con lo pseudonimo di Aristarco Scannabue. La rivista successivamente si spostò ad Ancona dove sopravvisse fino al 1765.
[iii] La rivista, dopo la morte di Piero Gobetti nel ’26, continuò ad esistere grazie al lavoro della sua redazione ed in particolare grazie a Piero Zanetti e Santino Caramella che insieme alla vedova Gobetti si impegnarono a mantenere il programma morale della rivista rifiutando ogni tipo di compromesso politico. Quando questo non fu più possibile la redazione optò per la chiusura della rivista.
[iv] Cfr. da “La Rivoluzione Liberale”, introduzione.
5 A partire dal N. 1 del ’24 è evidente il carattere di internazionalità dell’opera. Sono infatti presenti, oltre all’editoriale di Piero Gobetti ed all’articolo d’apertura di Sapegno, un articolo su Jack London di Prezzolini, un saggio in lingua di Eduard Berth ed alcune poesie di Stefan Georg.
6 Piero Gobetti fondò nel 1923 una casa editrice portante il suo nome con la quale svolse una intensa attività. Nel 1925 pubblicò gli “Ossi di Seppia” di Montale
7 Nel numero doppio dedicato alla letteratura francese del novecento troviamo articoli di Debenedetti, Montale, Alberto Rossi e Guglielmo Alberti rispettivamente su Proust, Valery Larbaud, Valèry e Gide.
8 La seconda rivista gobettiana “La Rivoluzione Liberale” era stata chiusa, per ordine del prefetto di Torino, l’8 novembre 1925
9 Si legga sull’argomento l’articolo di Montale pubblicato sulla rivista nel novembre del 1925 intitolato Stile e Tradizione.
10 Benedetto Croce pubblicò il 1° maggio del ’25 il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” in risposta a quello degli intellettuali fascisti redatto da Giovanni Gentile il 21 aprile dello stesso anno. Tra i collaboratori de “Il Baretti” che firmarono il manifesto di Croce ci furono Montale e Sibilla Aleramo.
11 La scelta di Croce come maestro comune per gli intellettuali de “Il Baretti” è indicata sin dal primo numero del 23 dicembre del ’24  in un articolo d’apertura di Natalino Sapegno intitolato Resoconto di una sconfitta. Nell’articolo Sapegno parla del filosofo abruzzese come di un maestro per l’Italia, senza però dimenticarne i limiti del pensiero filosofico, della critica letteraria e soprattutto delle interpretazioni che ne sono state date. Scrive così: “ ci furon dei crociani e degli anticrociani, ma nessuno capì Croce: oggi tutti se ne accorgono. Basta indugiarsi ad ascoltare quelli che parlano (o scrivono) delle sue dottrine (amici o nemici), fermarsi a considerare la limitazione e la pedanteria de’ loro schemi, o la sufficienza boriosa e annoiata onde accolgono quelle che a loro paiono inutili ripetizioni, e sono svolgimenti nuovi di pensiero, frutto di una nuova meditazione inesistente. Non per nulla egli bandisce i discepoli e risponde con un sorriso agli oppositori.”










martedì 14 giugno 2011

Amore mio,
il giorno muore ed io mi ritrovo qui come al solito. Chissà domani.
Domani studierò. E dopodomani? E quello dopo ancora?
Sono in un vortice di pensieri, sarà la maturità.
Novello Ungaretti, sento l'urgenza del tempo.
Ti amo
L.G.

domenica 12 giugno 2011

pagina bianca (nera)

Mi è sempre piaciuto iniziare i quaderni (un blog è come un quaderno). Più o meno equivale ad iniziare un viaggio. Un quaderno bianco porta con sé un tale mistero. Potrebbe essere uno specchio appannato che pian piano perde il velo d'incertezza e rende l'immagine riflessa più nitida, fino ad immobilizzarla lì per sempre. Un frutto che ti spiattella il suo succo proprio davanti agli occhi. Quante speranze raccoglie in sé un quaderno bianco!
L' inizio di una avventura blablabla...
Segni, un'infinità di segni, operazioni matematiche, lettere ballerine blu fosforenscenti su campo nero. Cerco, croce sul cuore, di collocarle in un qualche spazio e tempo e tradurne il significato per fare di questo quaderno un qualcosa di capibile, di "onesto". Onesto sono agli occhi degli altri, sorrido, non sono onesto con me stesso. Onesto sarà il mio lavoro.
Eccomi quindi a fare i conti con il mio bafometto interiore (manco me l'avesse ordinato lo psicoanalista) e con le tortuose scalinate blu e nere che immagino occupino la mia testa.
Il quaderno è un po' più nero.
Il dado è tratto. Dada tratta est.
L.G.